David Bowie - Blackstar

David Bowie - Blackstar

Non è facile parlare di Blackstar, ultimo lascito di David Bowie: regalo e commiato lasciato dall'artista inglese a tutto il mondo che oggi lo piange incredulo per la sua morte.
Non è facile in particolar modo per me, permettetemi, che avevo scritto la recensione proprio la notte precedente la terribile notizia ed ora, a ventiquattro ore da quel momento, ho i brividi nel pensare che negli stessi istanti in cui ascoltavo attentamente Blackstar per scriverne le mie impressioni, a New York il duca bianco partiva per il suo lungo viaggio verso Marte.

Oggi quella mia recensione non ha più alcun valore, è totalmente errata e questo perché in un ultimo colpo di scena, uno dei tanti ai quali Bowie ci aveva abituato, è riuscito ancora una volta ad ingannarci tutti.
Solo oggi è chiaro cos'è Blackstar, cos'è la title track e cosa rappresenta Lazarus in particolare: sono lasciti spirituali, cupi com'è ovvio che sia, ma zeppi di riferimenti liberatori, di rivincita all'inevitabile, sono il suo ultimo regalo all'umanità e ora, tutti lo sappiamo.

L'album non mi era piaciuto, e non lo negherò oggi. Non mi era piaciuta, Lazarus esclusa che avevo definito una canzone estremamente bella e che riusciva in parte a rivalutarlo per intero, l'atmosfera di molti brani contenuti in Blackstar.
L'avevo definito un album inferiore al capolavoro che lo aveva preceduto (The next day n.d.r) con tre belle canzoni, una delle quali sublime, ma con i restanti quattro brani che erano (mi autocito) “giochi di stile, spesso troppo lunghi e con parti a tratti fastidiose, perle (è vero) ma di autoreferenzialità nate dal desiderio dell'artista di reinterpretare a modo suo un certo tipo di sonorità (jazz) che in questo periodo evidentemente piacciono al duca bianco.”

In fondo mi basta sapere che Bowie non era riuscito ad ingannarmi fino in fondo, mi basta aggrapparmi a quel capolavoro di Lazarus; quello sì non era riuscito a nasconderlo alle mie orecchie, al mio cuore, tutto il resto è stato un errore o forse no, oggi non ha nemmeno senso parlare di sbagli.

Oggi è solo tempo di salutare e rendere omaggio alla figura di David Bowie, la stella nera: Stars are never sleeping Dead ones and the living..
 
Buon viaggio Marziano.

Mathias Marchioni

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