Intervista a Cristiano Longoni, autore del romanzo “Scrivi di noi (del dubbio, del culo e del desiderio)”.
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06/04/2023 | Bookpress
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Cristiano Longoni è nato a Milano nel 1973 e vive e lavora a Novara. È uno psicologo, psicoterapeuta e psicologo dello sport; ha inoltre ideato il Paradigma Inusuale ed è stato uno dei primi a occuparsi di Psicologia delle cure palliative. È cofondatore del Centro Studi Temenos, dove lavora come libero professionista. Prima del romanzo “Scrivi di noi (del dubbio, del culo e del desiderio)”, edito da bookabook nel 2022, ha pubblicato nel 1998 “Il Patibolo del Buonsenso” (che vanta una prefazione di Francesco Guccini).
«Ci presenti il tuo romanzo di formazione “Scrivi di noi (del dubbio, del culo e del desiderio)”?»
E' la storia di un antieroe che attraverso sette incontri si modifica e cresce da maschio a “probabilmente” uomo.
E' una storia relazionale in cui vengono descritti gli inizi, ma soprattutto la fine di ogni esperienza perché nella Fine è espresso tutto il significato di ogni esperienza vissuta.
Lo stile narrativo è duplice: uno più fluido e semplice destinato alla narrazione vera e propria, un altro più ridondante e “poetico” utilizzato per descrivere il vissuto percettivo sensoriale di uno specifico momento spazio-temporale.
In generale credo e spero possa essere a tratti ironico e leggero e a tratti più serio e profondo.
E' la storia Al Qun, acronimo di Altroquando, il protagonista e del suo vagabondare tra esperienze umane alla ricerca costante del tentativo di confutare le ultime verità raggiunte.
Una sorta di moderno viaggio dell'eroe.
«Non si può non venire attirati dal titolo della tua opera, in particolare da ciò che è scritto tra parentesi. Quelle tre parole - dubbio, culo e desiderio - sono i nuclei attorno a cui ruota la storia da te raccontata? E se la risposta è affermativa, perché sono tanto importanti?»
Come avrebbe potuto dire Pitagora, di ritorno da una nottata spesa tra cibo e vino, soprattutto vino, spesa in una losca osteria di Crotone: “ il Dubbio e il Desiderio ne sono i cateti e l'ipotenusa. E il Culo? Il Culo inevitabilmente l'area!”.
A parte le citazioni “ad michiam canem”, sono le tre dinamiche esistenziali che spingono Al nel suo percorso di risalita dal femminile verso il maschile, il proprio.
Il Desiderio è la prima forma di nutrimento psichico che permette agli individui di crescere nel proprio cammino esistenziale.
Il Dubbio è, a mio modo di vedere, l'unica forma di pensiero funzionale a non fermarsi e accettare verità preconfezionate da altri.
Il Culo. Bhe il Culo è la forma armonica della vita. La quadratura del cerchio della Bellezza.
Era e rimane la parte anatomica che prediligo, ma anche inteso come fortuna, quell'insieme di occasioni e Incontri esistenziali che ti permettono di esprimere ciò che potresti essere.
In altri termini Al avrebbe detto che il Culo è la forma visibile dell'Anima.
«Nel tuo romanzo dipingi un originale ritratto del sentimento dell'amore; il protagonista Alqun incontra sei archetipi femminili che corrispondono ad altrettanti archetipi d'amore: cosa otterrà alla fine del suo viaggio intimo, e in che modo, secondo te, la sua consapevolezza faticosamente raggiunta può ispirare il lettore?»
L'ultimo incontro di Al non è un femminile ma un maschile: Lidras, anziano attore, con cui discute di alcuni concetti fondamentali per poter dare un nuovo senso a tutte le esperienze precedenti.
E' una sorta di Odissea in chiave moderna e naturalmente molto meno importante.
Ulisse nel ritorno da Troia, verso Itaca, fa esperienza di diversi personaggi femminile, ma l'ultimo che incontra è Polifemo, il ciclope. Per fuggire da Polifemo utilizza uno stratagemma, cioè dice di chiamarsi Nessuno. In chiave analitica, rappresenta la necessità di perdere l'identità individualista per ricongiungersi con un'idea di sé collettiva.
In altri termini siamo Uno, siamo Nessuno, siamo Centomila.
Pirandello la sapeva lunga!
Non ho velleità di ispirare il lettore. Ho perso l'idea di poter influenzare il pensiero di qualcun altro nel 2005. Ricordo bene, era un giovedi!
Ho solo cercato di creare una storia in cui altri potessero anche solo in parte riconoscersi, con uno sguardo inusuale, cioè non legato ai diktat dell'attuale sistema di formazione personale.
«Per quanto probabilmente sia una domanda che ti avranno posto molte volte, non posso esimermi: questo romanzo ha una componente autobiografica? Quanto di te e della tua esperienza esistenziale c'è in Alqun?»
Ho avuto la fortuna o forse la necessità, di aver vissuto molte vite in una.
Di aver incontrato moltissime persone e situazioni totalmente diverse e di questo sono grato all'esistenza.
Oggi sono la somma, il riassunto e la rielaborazione di tutti gli incontri avuti, quindi si, c'è abbastanza di autobiografico nel racconto di Al, ma solo perché Al mi abita, insieme ad altri “personaggi”, da molto tempo.
Naturalmente è un romanzo quindi al di là degli incontri realmente avvenuti e del significato che questi incontri mi hanno lasciato, tutto il resto è molto romanzato.
«Nell'opera si sottolinea l'importanza dell'incontro con l'altro da sé, giudicato come l'unico modo per evolversi: c'è forse una velata critica alla nostra società individualista? Quali soluzioni proponi all'aridità e all'egoismo che stanno contagiando sempre di più noi esseri umani?»
Non è una velata critica, è un urlo di dolore! L'egoismo è fenomeno umano, necessario alla sopravvivenza, sino a quando non si trasforma in individualismo.
L'individualismo è la miope credenza umana dell'essere sufficienti a sé stessi ed è il simulacro della moderna fede sociale.
Tutto in questa società spinge verso l'idea di doversi sfidare in una dinamica esistenziale in cui tutte le mie vittorie e le mie sconfitte dipendono interamente da me stesso.
Quindi si crea un'esistenza dicotomica in cui se vinco sono il re del mondo e se perdo il peggiore dei reietti.
Poi c'è la richiesta sociale sempre più invasiva e ansiogena in cui il livello da raggiungere per sentirsi adeguati a questo benedetto mondo, è sempre più elevata.
Infine ci sono le parole, i testi, gli assiomi e i dogmi.
Un continuo riferimento al fatto che la qualità della propria salute mentale o la propria esistenza è decisa dal seguire pedissequamente il guru del momento o il testo sacro che ripetono sempre le stesse cose: le sette mosse per essere felici o i 100 desideri per vincere nella vita.
Oggi non siamo neanche più liberi di poter soffrire perché chi soffre non utilizza bene la propria resilienza... meglio che finisca qui la risposta.
«Sei l'ideatore del Paradigma Inusuale; vorresti parlarci più nel dettaglio di questa metodologia di pensiero? L'hai applicata anche nel tuo romanzo?»
Il romanzo, in realtà nasce come stratagemma per poter raccontare del paradigma contando però sul fatto che possa essere il lettore a decidere come leggerlo.
Può essere semplicemente un romanzo oppure può dare spunti di riflessione che partono appunto dalla rappresentazione del Paradigma Inusuale.
L'ultimo a dire qualcosa di nuovo in ambito psicologico e probabilmente Bateson nel 72, per il resto tante di rielaborazioni, anche interessanti e utili su qualcosa già detto da qualcun altro.
Ed è per questo che il Paradigma non vuole e non può essere una teoria, ma soltanto un modo inusuale, in questo periodo storico e in questo costrutto sociale di osservare le dinamiche esistenziali e i significati vitali nella storia degli individui.
Sarebbe troppo lungo da spiegare qui, ma credo che nel libro, soffermandosi, possa facilmente essere intuito.
«Alqun racconta di sé: “L'ho sempre detto io, la più forte sostanza psicoattiva è fatta di parole, profumo di carta, rumore di fogli consunti. Io mi facevo! In modo compulsivo. Nietzsche la mia striscia di cocaina, Jung la mia boccata di Maria quotidiana, Castaneda i funghi, allucinogeni si intende e poi Hesse, con il suo costante viaggio all'interno di sé stesso era quella perfetta dose di eroina che ti portava lontano dal mondo. E poi Baudelaire e il suo assenzio e Bukowski e il suo alcol. Tante droghe differenti con un senso comune. Trovare il proprio personale, differente, unico posto nel mondo”. Quali sono state le tue “droghe”?»
Da buona struttura border, non mi son fatto mancare nulla nella vita, ma le sostanze psicoattive mi sono sempre piaciute poco (citazione a parte per la Maria che ho frequentato sporadicamente sino ad una quindicina di anni fa).
Poi sigarette, vino, alcool e piacere. Il piacere in ogni sua sfumatura, ma sempre sottostante alla dignità individuale e dell'altro da sé.
La mia droga è sempre stata solo quella: la ricerca della propria giustificata posizione esistenziale così come era solito ripetermi uno dei miei maestri: “ Rimani attento, l'esistenza non è un dono e per giocarla nel giusto modo ricorda sempre di essere Nel mondo e non Del mondo!”.
Contatti
https://www.instagram.com/cristiano_longoni/
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www.bookabook.it
Link di vendita online
https://bookabook.it/libro/scrivi-dubbio-culo-desiderio/
https://www.amazon.it/Scrivi-noi-dubbio-culo-desiderio/dp/8833236889
«Ci presenti il tuo romanzo di formazione “Scrivi di noi (del dubbio, del culo e del desiderio)”?»
E' la storia di un antieroe che attraverso sette incontri si modifica e cresce da maschio a “probabilmente” uomo.
E' una storia relazionale in cui vengono descritti gli inizi, ma soprattutto la fine di ogni esperienza perché nella Fine è espresso tutto il significato di ogni esperienza vissuta.
Lo stile narrativo è duplice: uno più fluido e semplice destinato alla narrazione vera e propria, un altro più ridondante e “poetico” utilizzato per descrivere il vissuto percettivo sensoriale di uno specifico momento spazio-temporale.
In generale credo e spero possa essere a tratti ironico e leggero e a tratti più serio e profondo.
E' la storia Al Qun, acronimo di Altroquando, il protagonista e del suo vagabondare tra esperienze umane alla ricerca costante del tentativo di confutare le ultime verità raggiunte.
Una sorta di moderno viaggio dell'eroe.
«Non si può non venire attirati dal titolo della tua opera, in particolare da ciò che è scritto tra parentesi. Quelle tre parole - dubbio, culo e desiderio - sono i nuclei attorno a cui ruota la storia da te raccontata? E se la risposta è affermativa, perché sono tanto importanti?»
Come avrebbe potuto dire Pitagora, di ritorno da una nottata spesa tra cibo e vino, soprattutto vino, spesa in una losca osteria di Crotone: “ il Dubbio e il Desiderio ne sono i cateti e l'ipotenusa. E il Culo? Il Culo inevitabilmente l'area!”.
A parte le citazioni “ad michiam canem”, sono le tre dinamiche esistenziali che spingono Al nel suo percorso di risalita dal femminile verso il maschile, il proprio.
Il Desiderio è la prima forma di nutrimento psichico che permette agli individui di crescere nel proprio cammino esistenziale.
Il Dubbio è, a mio modo di vedere, l'unica forma di pensiero funzionale a non fermarsi e accettare verità preconfezionate da altri.
Il Culo. Bhe il Culo è la forma armonica della vita. La quadratura del cerchio della Bellezza.
Era e rimane la parte anatomica che prediligo, ma anche inteso come fortuna, quell'insieme di occasioni e Incontri esistenziali che ti permettono di esprimere ciò che potresti essere.
In altri termini Al avrebbe detto che il Culo è la forma visibile dell'Anima.
«Nel tuo romanzo dipingi un originale ritratto del sentimento dell'amore; il protagonista Alqun incontra sei archetipi femminili che corrispondono ad altrettanti archetipi d'amore: cosa otterrà alla fine del suo viaggio intimo, e in che modo, secondo te, la sua consapevolezza faticosamente raggiunta può ispirare il lettore?»
L'ultimo incontro di Al non è un femminile ma un maschile: Lidras, anziano attore, con cui discute di alcuni concetti fondamentali per poter dare un nuovo senso a tutte le esperienze precedenti.
E' una sorta di Odissea in chiave moderna e naturalmente molto meno importante.
Ulisse nel ritorno da Troia, verso Itaca, fa esperienza di diversi personaggi femminile, ma l'ultimo che incontra è Polifemo, il ciclope. Per fuggire da Polifemo utilizza uno stratagemma, cioè dice di chiamarsi Nessuno. In chiave analitica, rappresenta la necessità di perdere l'identità individualista per ricongiungersi con un'idea di sé collettiva.
In altri termini siamo Uno, siamo Nessuno, siamo Centomila.
Pirandello la sapeva lunga!
Non ho velleità di ispirare il lettore. Ho perso l'idea di poter influenzare il pensiero di qualcun altro nel 2005. Ricordo bene, era un giovedi!
Ho solo cercato di creare una storia in cui altri potessero anche solo in parte riconoscersi, con uno sguardo inusuale, cioè non legato ai diktat dell'attuale sistema di formazione personale.
«Per quanto probabilmente sia una domanda che ti avranno posto molte volte, non posso esimermi: questo romanzo ha una componente autobiografica? Quanto di te e della tua esperienza esistenziale c'è in Alqun?»
Ho avuto la fortuna o forse la necessità, di aver vissuto molte vite in una.
Di aver incontrato moltissime persone e situazioni totalmente diverse e di questo sono grato all'esistenza.
Oggi sono la somma, il riassunto e la rielaborazione di tutti gli incontri avuti, quindi si, c'è abbastanza di autobiografico nel racconto di Al, ma solo perché Al mi abita, insieme ad altri “personaggi”, da molto tempo.
Naturalmente è un romanzo quindi al di là degli incontri realmente avvenuti e del significato che questi incontri mi hanno lasciato, tutto il resto è molto romanzato.
«Nell'opera si sottolinea l'importanza dell'incontro con l'altro da sé, giudicato come l'unico modo per evolversi: c'è forse una velata critica alla nostra società individualista? Quali soluzioni proponi all'aridità e all'egoismo che stanno contagiando sempre di più noi esseri umani?»
Non è una velata critica, è un urlo di dolore! L'egoismo è fenomeno umano, necessario alla sopravvivenza, sino a quando non si trasforma in individualismo.
L'individualismo è la miope credenza umana dell'essere sufficienti a sé stessi ed è il simulacro della moderna fede sociale.
Tutto in questa società spinge verso l'idea di doversi sfidare in una dinamica esistenziale in cui tutte le mie vittorie e le mie sconfitte dipendono interamente da me stesso.
Quindi si crea un'esistenza dicotomica in cui se vinco sono il re del mondo e se perdo il peggiore dei reietti.
Poi c'è la richiesta sociale sempre più invasiva e ansiogena in cui il livello da raggiungere per sentirsi adeguati a questo benedetto mondo, è sempre più elevata.
Infine ci sono le parole, i testi, gli assiomi e i dogmi.
Un continuo riferimento al fatto che la qualità della propria salute mentale o la propria esistenza è decisa dal seguire pedissequamente il guru del momento o il testo sacro che ripetono sempre le stesse cose: le sette mosse per essere felici o i 100 desideri per vincere nella vita.
Oggi non siamo neanche più liberi di poter soffrire perché chi soffre non utilizza bene la propria resilienza... meglio che finisca qui la risposta.
«Sei l'ideatore del Paradigma Inusuale; vorresti parlarci più nel dettaglio di questa metodologia di pensiero? L'hai applicata anche nel tuo romanzo?»
Il romanzo, in realtà nasce come stratagemma per poter raccontare del paradigma contando però sul fatto che possa essere il lettore a decidere come leggerlo.
Può essere semplicemente un romanzo oppure può dare spunti di riflessione che partono appunto dalla rappresentazione del Paradigma Inusuale.
L'ultimo a dire qualcosa di nuovo in ambito psicologico e probabilmente Bateson nel 72, per il resto tante di rielaborazioni, anche interessanti e utili su qualcosa già detto da qualcun altro.
Ed è per questo che il Paradigma non vuole e non può essere una teoria, ma soltanto un modo inusuale, in questo periodo storico e in questo costrutto sociale di osservare le dinamiche esistenziali e i significati vitali nella storia degli individui.
Sarebbe troppo lungo da spiegare qui, ma credo che nel libro, soffermandosi, possa facilmente essere intuito.
«Alqun racconta di sé: “L'ho sempre detto io, la più forte sostanza psicoattiva è fatta di parole, profumo di carta, rumore di fogli consunti. Io mi facevo! In modo compulsivo. Nietzsche la mia striscia di cocaina, Jung la mia boccata di Maria quotidiana, Castaneda i funghi, allucinogeni si intende e poi Hesse, con il suo costante viaggio all'interno di sé stesso era quella perfetta dose di eroina che ti portava lontano dal mondo. E poi Baudelaire e il suo assenzio e Bukowski e il suo alcol. Tante droghe differenti con un senso comune. Trovare il proprio personale, differente, unico posto nel mondo”. Quali sono state le tue “droghe”?»
Da buona struttura border, non mi son fatto mancare nulla nella vita, ma le sostanze psicoattive mi sono sempre piaciute poco (citazione a parte per la Maria che ho frequentato sporadicamente sino ad una quindicina di anni fa).
Poi sigarette, vino, alcool e piacere. Il piacere in ogni sua sfumatura, ma sempre sottostante alla dignità individuale e dell'altro da sé.
La mia droga è sempre stata solo quella: la ricerca della propria giustificata posizione esistenziale così come era solito ripetermi uno dei miei maestri: “ Rimani attento, l'esistenza non è un dono e per giocarla nel giusto modo ricorda sempre di essere Nel mondo e non Del mondo!”.
Contatti
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