Nightguide intervista gli Algiers

Nightguide intervista gli Algiers

Osannati da pubblico e critica per la loro sapiente miscela di punk-rock e gospel del profondo Sud americano, la band americana sta presentando in Europa il nuovo acclamato album - The Underside Of Power.
Hanno aperto i live dei Depeche Mode, stregato il pubblico di mezza Europa attraverso tutti i Festival più importanti del vecchio continente, e adesso sono arrivati di nuovo in Italia per due date da headliner.
Noi li abbiamo incontrati al Locomotiv di Bologna per fare due chiacchiere e perché il sottoscritto li adora dal profondo del suo cuore.
Ne è venuta fuori una ricca intervista piena di succose notizie sulla band e sulle loro idee (decisamente forti).

 
NG. Ciao Ryan (Ryan Mahan - basso), ciao Lee (Lee Tesche - chitarra), vi conosco e mi piacete dal Primavera Sound di Barcellona 2 anni fa, e ho chiesto espressamente di poter fare l'intervista, visto che mi sono innamorato della vostra musica da quel giorno. Cerchiamo di presentarvi ai nostri lettori: chi sono gli Algiers, e da dove vengono? So che siete di Atlanta, e che poi vi siete messi insieme ufficialmente come gruppo a Londra, parliamo di ciò che non sappiamo.
RM. Oddio, non so bene cosa non sai.

NG. Eravate amici già da prima di formare la band?
RM. Ci sono tante persone che definiscono la nostra musica come soul distopico, veniamo dal profondo sud e a dirti la verità abbiamo iniziato a suonare per esplorare la nostra storia. Sopratutto al sud, c'è tanta distopia nella nostra storia, tanta violenza, tanta oppressione. Volevamo manifestare tutto questo come sound, e credo che ci stiamo avvicinando, stiamo cercando di rappresentare il suono della nostra storia. Comunque si, eravamo amici da prima...forse questo è qualcosa che non sai, ma mia madre e la madre di Lee si conoscevano da prima che nascessimo.
LT. Un'altra cosa interessante su noi quattro è che siamo in ordine di età e di altezza. Il più vecchio della band è il più alto, e Franklin, il più giovane, è il più basso.

NGHo letto che ci sono un sacco di parole per definire la vostra musica, e immagino che quando la gente ha bisogno di un sacco di parole per definire qualcosa sia perché è qualcosa di nuovo. Ho trovato qualcosa come due righe di aggettivi per definire la vostra musica, quindi: come siete arrivati a questo punto, perché la vostra musica non è ascrivibile solo alla black music, soul, rock, elettronica o jazz? Come avete fatto a mettere insieme tutto questo?
RM. Credo che la risposta sia semplice: siamo 4 individui che si sono uniti e hanno condiviso le proprie influenze, che erano davvero molto diverse. Credo però che il fatto che ci fidiamo ciecamente l'uno dell'altro, e che veniamo da background e luoghi diversi, ha fatto si che nascesse tutto questo. Per noi non suona così strano, suona come della normale musica ma, alla fine, è il prodotto di chi siamo, da dove veniamo e come ci siamo trovati.

NG. Quindi non credete di stare facendo qualcosa di nuovo?
RM. Io personalmente no, Tu?
LT. Vedi, quando sei dentro qualcosa magari è difficile vederlo dall'esterno: per me suona come la musica che ho sempre fatto con Ryan: per la maggior parte della mia vita abbiamo fatto musica, anche in altre band, e cerchiamo sempre di obbligarci a fare cose diverse senza fare un piano prima, senza dire “ok, facciamo garage rock”, oppure “ok, facciamo rap” o chissà cosa. Tutto si fonde, tutte le diverse idee che abbiamo diventano qualcosa che unisce sound diversi in uno solo, diventando qualcosa che non era prima. In passato non ne abbiamo mai beneficiato, era davvero difficile per le persone, soprattutto da dove veniamo... dove la gente non riesce a categorizzarci e capire cosa facciamo...è difficile per loro capirci, quindi è una cosa che a volte ci va pure contro! (ride).
RM. Ne abbiamo parlato spesso, vedi, soprattutto quando ci trovavamo a suonare per 50 persone. Non abbiamo un grande seguito ovunque, e magari l'etichetta non ne è molto felice, ma credo sia perché siamo strani. Non necessariamente nuovi, ma decisamente strani.

NG. In Italia diciamo che nessuno è profeta in patria
LT. Si, probabilmente è vero (ride)

NG. Anche in Italia abbiamo parecchi musicisti e artisti, come per esempio i Bloody Beetrots, o altri, che sono italiani ma sono più famosi all'estero.
RM. Tipo Ennio Morricone! (ride)

NG. Si, non è che lui sia proprio un musicista agli esordi però!
RM. Tipo, i Soviet Soviet. Li conosciamo, e come vanno in Italia? Perché sembra che siano tranquillamente capaci di fare tour oltreoceano, ma qui forse...

Algiers - "The Underside of Power"


NG. Loro probabilmente non sono più sulla cresta perché hanno fatto un tour l'anno scorso, e sono davvero famosi, ma probabilmente erano molto più conosciuti fino a qualche anno fa. Forse è perché non si sono rinnovati, o sono cambiati.
RM. Ok, vedremo di presentarti ad Alessandro più tardi.
LT. Sai, c'è una band italiana, si chiamano Father Murphy ma non sono certo di quale parte dell'Italia siano, che ha girato gli Stati Uniti due o tre volte e abbiamo anche suonato con loro. In tanti dalle nostre parti li conoscono per via dei tour, e spesso però quando chiedo agli italiani che ne pensano non li conoscono.

NG. Si, in effetti non li conosco.
LT. Suoneranno al Raw power festival il mese prossimo.

NG. C'è un sacco di musica italiana conosciuta all'estero e non qui, ma credo sia normale. Comunque: so che avete aperto per i Depeche Mode e altri. Credete di essere sulla stessa linea, in un certo modo? Voglio dire: sono molto famosi, come credete che i loro fan considerino la vostra musica?
RM. E' interessante. Voglio dire, non saprei, perché non ero molto preso dai DM quando ero giovane, preferivo cose più rumorose, ma crescendo ho capito perchè sono un fenomeno del genere, e ho iniziato ad apprezzare alcuni dei loro dischi. Certo, siamo persone diverse che suonano cose diverse, ma i loro fan quando abbiamo suonato per loro, e l'abbiamo fatto in Italia, a Roma, a Milano e Bologna, erano molto ricettivi, tanto che ne siamo rimasti sorpresi. La gente stava attenta, applaudiva, urlava, ci ha trattati come se ci meritassimo di essere li.

NG. Immagino sia dura aprire per una band del genere.
RM. Dipende da che tipo di band sei: non so se l'abbiamo trovato difficile, perché sappiamo chi siamo, siamo a nostro agio nella nostra pelle. Quindi ti piaccia o no, questo è quello che siamo. Siamo anche piuttosto sicuri, voglio dire, sappiamo che non è ciò che vogliamo fare, non vogliamo essere una band da stadio, vogliamo solo fare musica che abbia un suo impatto, tutto qui. Però ovviamente quando finisci per suonare in una situazione del genere, ti metti a guardarli suonare e guardi anche i loro fan. Acquisisci una prospettiva tutta diversa, e puoi sentirti un po' più piccolo, e ti senti tipo...wow! La storia è davvero più grande di noi!

NG. Ok, io per esempio non conto niente, però al Primavera Sound di quell'anno c'ero andato per i Radiohead e cose simili, ma voi siete stati gli unici a impressionarmi davvero. E ci siamo pure fatti una foto insieme, perché tu (Ryan) e Franklin eravate in giro per il festival e vi ho visto, e sono diventato tipo “Oddio, siete gli Algiers!”
RM. E' stato grande! Non avevamo suonato a molti altri festival prima.
LT. A me piacerebbe davvero ricordarmi meglio quello show, mi ricordo l'essere sul palco, ed è divertente perché eravamo eccitatissimi di poter suonare sul main stage, mi ricordo che ne eravamo stupiti. E mi ricordo il soundcheck, mentre Franklin stava facendo i vocals ha guardato avanti qualcosa come 15 minuti prima di dover suonare, e l'intero posto era vuoto, voglio dire, c'era solo un tipo che stava spazzando, e ci è rimasto malissimo. Ha detto qualcosa del tipo “questa cosa è terribile, chi ce lo fa fare” o qualcosa del genere, poi ha detto “ok, togliamoci il dente, vado un attimo in bagno”, e quando è tornato 2 minuti dopo avevano aperto i cancelli e mentre lui se ne era andato abbiamo visto una marea di 10.000 persone correre verso il palco. Quando è tornato dal bagno ed è salito sul palco per fare la prima canzone si è trovato davanti 10.000 persone ed è andato completamente fuori di testa! Questa è la cosa che mi ricordo meglio di quello show, questa e il fatto che in parecchi dei nostri concerti, come questo e quello prima, ci sono almeno tre o quattro persone che sono rimaste davvero colpite da noi, e credo sia stato un momento fondamentale per noi, come band.
RM. Parecchie persone che vivono in Europa ci hanno visto al Primavera per la prima volta, o in Polonia, o come supporto per i Depeche Mode.

NG. Vi ho visto anche a Porto, al NOS Primavera, e li sembravate più sicuri, voglio dire più che a Barcellona.
RM. E' molto probabile che sia così, ma per ragioni diverse (ride) però ricordo che stavamo avendo problemi con la strumentazione, ed è divertente che tu dica che sembravamo più sicuri perché mi ricordo di essere stato davvero stressato su quel palco ma il giorno dopo abbiamo riascoltato il concerto e abbiamo pensato: oddio, suona benissimo! Ma a dirti la verità ero molto più nervoso in quel concerto che a quello di Barcellona.
LT. Dobbiamo sempre fare attenzione quando ci spostiamo, perché abbiamo dietro un sacco di roba, sul palco abbiamo tre sampler diversi, la drum machine, chitarre, sintetizzatori, ci sono un sacco di cose che potrebbero non andare per il verso giusto.

NG. Mi ricordo che una volta ti ho fatto una foto, ed evidentemente qualcosa non andava perché sembravi cattivissimo
RM. Forse è per colpa di quello che ascoltavo prima, magari sono stato influenzato.

NG. Il vostro nuovo album è appena uscito, The Underside of Power. Cosa significa, cosa c'è nel lato nascosto del potere?
RM. Credo dovresti chiederlo a Franklin, perchè il nome l'ha trovato lui e scrive la maggior parte dei testi, ma fondamentalmente il titolo è nato da una conversazione fra noi 4 su cosa volevamo rappresentare. Il nostro primo disco era monolitico e parlava di cose piuttosto pesanti, ma non c'era nessuna luce là dentro. Questa volta ci siamo detti: con questa mentalità, soprattutto come band politicizzata, non possiamo continuare. Se continui a vedere tutto nero non offri nessuna possibilità di cambiamento, anche se sappiamo che il mondo è squallido, rischi di cadere nel nichilismo, e il nichilismo non è una cosa positiva anche se per alcuni è positivo, come chi vive in luoghi particolarmente corrotti come gli Stati Uniti del momento, l'Austria, l'Inghilterra... la maggior parte dell'Europa! Quindi volevamo rappresentare questo dualismo: il mondo è squallido, ok, ma ci sono ancora valori e persone decise a combattere per essi.

NG. Nella vostra musica sento anche parecchia rabbia legata al razzismo, soprattutto visti i problemi che stanno emergendo di nuovo, e credo che questo renda la vostra musica molto oscura. La voce di Franklin,  la vostra musica portano le persone in luoghi molto profondi, e anche chi non capisce le parole sente che c'è qualcosa nella vostra musica.
RM. E' una cosa davvero bella, grazie mille!

NG. Qual è il futuro prossimo di questo disco?
LT. Stiamo cercando di suonarlo in giro: quando suoniamo davanti alle persone sento che le canzoni diventano davvero vive e noi stessi siamo più in grado di capirne i motivi e il senso. Alcune canzoni non le avevo capite chiaramente finché non le ho suonate dal vivo e ho visto la risposta della gente, quindi stiamo cercando di suonare il più possibile. Quando questo tour finirà ne inizieremo un altro di due settimane fra Germania, Francia e Svizzera e Olanda, e poi cercheremo di fare i festival questa estate e continuare a suonare e vorremmo tornare in studio e registrare.

NG. Com'è andata la data in Puglia? Perché vengo da li
RM. Davvero? Era grande, bello davvero. Lo show è stato davvero bello.

NG. Sapete Che stasera (14 febbraio) qui a Bologna avete una concorrenza spietata?
RM. Qui a Bologna? Stasera? Chi suona?

NG. I Metallica!
RM. Oddio davvero? (ride)

NG. E Belle and Sebastien.
LT. Suoneranno qui a Bologna anche loro stasera? Non lo sapevo! Ma magari non ci daremo fastidio, i nostri pubblici sono diversi.

NG. Due domande difficili adesso: cos'è per voi la musica in tre parole, e perché?
LT. La prima cosa che mi viene in mente è louder, faster, harder, perchè mi sa che l'ho visto scritto da qualche parte e mi piace come risposta (ride)
RM. Visto che i Metallica stasera suonano direi: Kill'Em All!

NG. Ultima domanda: i tre album che non possono mancare nella vostra collezione.
LT. Ovviamente i dischi cambiano di continuo, ma so che c'è un disco live di Nina Simone che si chiama Emergency Word, di metà anni '70, e fa cover di George Harrison e c'è una versione davvero lunga di My Sweet Lorraine che dura 15 minuti, e per qualche motivo è uno di quei dischi di cui non mi stanco mai.
Poi c'è una compilation uscita da poco di Alice Coltrane, musica dal suo tempio nel sud della California, tipo new age o Hare Krishna, e l'ultimo credo sarebbe una compilation degli Einsturzende Neuboiten, che è molto più complicato da ascoltare degli altri, ma quella band continua a darmi centinaia di idee diverse su come esplorare la nostra musica.
RM. I miei dischi preferiti saranno sempre più di tre, e di sicuro cambieranno un migliaio di volte durante la vita, ma il primo che mi viene in mente è un album live Donny Hathaway degli anni 70 e suona così crudo e vero che mi fa uscire di testa ogni volta. Poi il secondo disco dei Suicide, tutti parlano del primo ma il secondo è uno dei motivi per cui amo questa band: se il primo suona doo-wop, il secondo suona hip-hop e R&B, e il terzo è un disco rap di una band chiamata Good Imob, devo aver ricomprato il disco almeno 4 volte quando ero un ragazzino, l'ho perso e riperso, è politico e c'è tantissimo gospel.

 
Foto e intervista a cura di Luigi Rizzo.

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