Nightguide intervista Angelo Duro, in scena questa sera al Celebrazioni di Bologna. E non chiamatelo comico!

Nightguide intervista Angelo Duro, in scena questa sera al Celebrazioni di Bologna. E non chiamatelo comico!

Si accendono i riflettori su Da Vivo, il nuovo spettacolo del comico Angelo Duro che, reduce dal successo del tour della stagione scorsa, torna in scena al Teatro Celebrazioni di Bologna il 12 febbraio.
 
Si annuncia esilarante il one man show del comico da quasi due milioni di follower seguitissimo dal pubblico per la sua ironia cinica e imprevedibile che fa ridere e insieme riflettere. È lui stesso ad affermare: “Chi vi dice che parlerò? Posso starmene pure quaranta minuti in silenzio. Chi me lo vieta?”. Bisognerà quindi attendere la serata dello spettacolo per scoprire cosa racconterà stavolta.
 
Angelo Duro è un trentaseienne scappato dal lavoro che il padre voleva lasciargli in eredità. Un'azienda con mille problemi da risolvere. Lui ha scelto la strada di essere libero e ha accettato la proposta di un impresario di raccontare la sua vita nei teatri: “Solo se pagato a nero”. Adesso è cresciuto. Ha ottenuto il primo successo e se lo vuole godere.
 

Questo è quello che ci ha raccontato in vista dello spettacolo di questa sera.


Nightguide. Innanzitutto ci tengo a dire che io sono un tuo grande fan e ti seguo dall'inizio!
Angelo Duro. Mi dispiace davvero tanto! Non so come aiutarti!

 
NG. (ride) Tranquillo! Credo che abbiamo gli stessi problemi! Hai dato il via a questo tuo nuovo percorso teatrale, “Da Vivo”, e hai già fatto le prime serate. Come sta andando?
AD. Uno schifo! Davvero uno schifo!

 
NG. Immagino non stia piacendo a nessuno! (ride)
AD. Macchè! Il contrario! Sta piacendo a tutti; non so cosa fare. Io cerco di dare il peggio di me ogni volta, non so più cosa fare per fare schifo alla gente! E questa cosa mi fa soffrire tantissimo!
Ho cercato per una vita intera di piacere alla gente, di fare quello che gli altri volevano, di omologarmi e seguire il pensiero altrui per piacere e per piacermi e tutti mi evitavano. Ora che ho deciso di farmi i cazzi miei, le persone mi seguono e mi applaudono. Capisci che a saperlo prima, mi sarei evitato un bel po' di rogne!

 
NG. Bhè questo processo è alla base dell'essere una celebrità. Avresti dovuto immaginarlo. Più sei stronzo più la gente ti segue.
AD. Ma a me avevano detto che questa cosa funzionava solo con le donne!

 
NG. No no, ti garantisco che funziona quasi sempre. Infatti anche in amore ci si attacca a chi ti tratta male.
AD. E c'hai ragione!

 
NG. Comunque, in onore del fatto che stimo molto quello che fai...
AD. Questa cosa mi fa soffrire...

 
NG. ...ho voluto documentarmi un po' sulle tue recenti interviste per essere all'altezza di questa conversazione...
AD. Hai buttato del tempo! Potevi fare a meno!

 
NG. Tranquillo tanto non avevo un cazzo da fare!
AD. Adesso va meglio!

 
NG. Mi ha colpito molto una cosa che hai detto tempo fa, ovvero che a te non fa piacere essere definito un comico, perché tu ti limiti a raccontare delle cose a tuo modo e la gente ride, ma non è quello che ti aspetti. Ti è mai capitato di guardare dal palcoscenico verso il pubblico e scorgere quella tipologia di persone che tu prendi in giro con la tua satira?
AD. No! Come hai detto io racconto delle cose, ma nel farlo non seguo dei moralismi. Io non giudico e non critico quello che racconto. Lo racconto e basta! Quindi non è mia intenzione nemmeno cercare il consenso nel volto degli spettatori, men che meno mi aspetto che le mie storie insegnino qualcosa. Io non voglio essere un predicatore, un santone o un esempio per nessuno. Io mi limito a raccontare delle cose di me stesso e di come la penso. Ognuno è libero di recepirlo come vuole. Io non faccio altro che prendere i nostri pregi e i nostri difetti e ingigantirli per renderli più evidenti. Non vuole essere una lezione di vita.
La società di oggi è piena di gente che si arroga il diritto di insegnare agli altri come comportarsi e cosa è giusto fare. Io invece sono come tutti gli altri, ho i miei difetti, solo che ho deciso di raccontarli.

 
NG. Quello che però è interessante dei tuoi monologhi è il portare agli estremi e difendere punti di vista completamente ribaltati su ciò che è socialmente accettato. Questo aiuta ad aprire gli occhi sui propri errori. Non ti piacerebbe che questo messaggio non venisse preso solo uno pezzo di comicità?
AD. Assolutamente no! Altrimenti si cadrebbe in quello di cui parlavamo prima. Io non voglio mettermi su un piedistallo e insegnare agli cosa è giusto e cosa è sbagliato. Io estremizzo delle cose che ho pensato o provato anche io e per questo non giudico gli altri. Questa formula penso che sia quella giusta per avvicinare le persone. L'effetto finale deve essere una risata e non una predica. La risata ti libera dal tabù di parlare liberamente di un argomento scomodo. La risata è l'elemento positivo di questo meccanismo. Se le persone mi ascoltano e mi danno ragione senza ridere vuol dire che hanno davvero dei problemi.

 
NG. Tutto sommato riconosco e condivido questo modo di fare. È una forma di comicità basata sul descrivere la realtà sottolineando alcuni aspetti in maniera forte. Dall'altra parte si ride finchè non ci si sente toccati sul vivo.
AD. Esatto. Dire la verità e descrivere le cose come stanno cercando di non frapporre un filtro di morale non deve essere inteso come un atto di audacità. Dire la verità a tutti i costi non è necessariamente una cosa positiva, perché nella vita vera al di fuori del palcoscenico è necessario anche quel piccolo elemento di ipocrisia e falsità che servono a non rendere i rapporti una costante critica. Quello che è importante dei miei monologhi e che, credo sia fondamentale anche nella vita di tutti i giorni, è l'ironia. Bisogna dire quello che si pensa ma sempre con ironia. Quando qualcuno cerca di imporre la sua verità senza metterci ironia e prendendosi troppo sul serio da vita ad un estremismo, che può essere religioso, politico o qualsiasi natura tu lo voglia intendere. Il mio intento è l'ironia e la risata, non l'offesa. Con un sorriso si possono toccare anche gli argomenti più intoccabili.

 
NG. Immagino che comunque questo modo di vedere le cose faccia parte anche di te e non sia solo la personificazione di un carattere teatrale. Anche perché nel tuo cinismo c'è una visione delle cose talmente complessa che non può essere solo parte dello show.
AD. Tutto quello che faccio parte ovviamente da cose che penso, vivo e ho provato su di me. Quando porto i miei monologhi al teatro senza dubbio accentuo la parte cinica, ma, anche se forse non si direbbe, io sono molto molto ironico nella mia vita e qualcosa che dico viene presa troppo sul serio la distruggo subito. Questo è il gioco e il bello della vita. Io penso se tutti ci prendessimo troppo sul serio la situazione diventerebbe davvero drammatica.
Ultimamente in Italia c'è questa tendenza a prendersi troppo sul serio e forse questo è un retaggio dell'essere un paese molto legato ad una tradizione religiosa che per sua natura ti impone di credere a qualcosa perché è così e basta. Tutta questa seriosità toglie ironia alla vita. Se poi ci aggiungi che in questi ultimi anni oltre alla mancanza di ironia sembra essere diventato normale non dare nessun valore a quello che si dice, capisci che le cose vanno male molto facilmente. Di sicuro non stiamo vivendo in un periodo dalla coscienza socratica. Socrate si fece uccidere pur di difendere il suo pensiero. Invece ora si cambia faccia e pensiero per puro tornaconto.

 
NG. La prima volta che sei passato dal web al teatro, ti aspettavi che sarebbe stata accolta così bene?
AD. In realtà questo tipo di monologhi sono stati preparati prima per il teatro e poi hanno cominciato a funzionare anche sul web. Io non avevo nessun timore, in realtà. Ho sempre voluto fare questa cosa e sono andato diritto per la mia strada. Ho provato una volta, ho visto che funzionava e ho proseguito.
Adesso sto portando in giro questo secondo spettacolo dopo che con il primo sono andato avanti 2 anni con oltre 40 date. Nel frattempo sono cresciuto, e sentivo la necessità di rinnovare i miei monologhi anche in funzione di una maggiore maturità che mi ha portato a rivedere in primis il mio modo di vedere alcune cose. È per questo che doveva cambiare anche lo spettacolo, che in alcune sue parti non sentivo più mio. Sicuramente chi ha visto il primo noterà molti cambiamenti in questo secondo spettacolo.

 
NG. In questo secondo spettacolo, tra  i cambiamenti apportati, c'è anche per caso l'ingresso di una satira sulla situazione politica attuale?
AD. No! Io cerco di mantenermi sempre estraneo a questo tipo di argomenti. Trovo che la satira sulla cronaca di attualità, non solo politica, sia un modo facile di cercare la risata. Secondo me gli spettacoli teatrali così come i libri devono durare nel tempo e parlare di argomenti e temi che possano durare nel tempo. Usare l'attualità significherebbe puntare ad argomenti del momento ai quali gli spettatori sono facilmente suscettibili, e questo vorrebbe dire che starei iniziando a pensare esclusivamente all'intrattenimento e a catturare il favore dell'audience per far ridere senza riflettere.

 
NG. In alcune tue dichiarazioni tu hai affermato la tua libertà sia nel modo di pensare che anche da un certo tipo di vita inquadrata che la tua famiglia voleva importi. Ti è costato molto essere così libero?
AD. Guarda, questo è un argomento che si collega a quello che dicevamo prima e viene spiegato benissimo in un passaggio del mio spettacolo. Io vengo da una famiglia che si tramandava un'azienda da generazione finchè non era arrivato il mio turno. Quel giorno io ho abbracciato mio padre, l'ho ringraziato e gli ho detto “col cazzo che continuo con l'azienda di famiglia!”. Io ho sempre voluto fare questo e non volevo prendermi un qualcosa che già iniziava ad avere debiti e problemi e che avrebbe portato ad ancora più problemi considerando l'economia attuale. Tutti dovrebbero essere liberi di vivere la vita come meglio credono però prendendosi anche la responsabilità delle scelte che fanno. La propria libertà non deve urtare quella degli altri. Tu sei libero di scegliere di vivere per strada ma poi non devi arrabbiarti se io sono libero di non farti l'elemosina, per usare un esempio forte. Le persone che impongono la propria visione limitando la libertà altrui non sono altro che i razzisti, che vedono solo quello che odiano senza porsi nessuna domanda. Al mondo non esiste nessuno più privo di ironia di un razzista. Ma anche loro non vengono giudicati nel mio spettacolo, anzi trovo molto ironico che i razzisti ridano alle mie battute. Io l'ho sempre ammesso di eesere razzista, sono razzista verso i razzisti.
Io sono contrario a tutti quei buonismi a favore di quella o questa discriminazione. Parlare tramite buonismi e frasi fatte in contesti preconfezionati non aiuta a smuovere gli animi. Portare il messaggio di una persona che ha subito violenze in un contesto di persone che chiaramente non lo farebbero non aiuta a risolvere il problema. Il capovolgimento del punto di vista è invece un passo più ardito perché arriva a chi la pensa in quella maniera e magari ci ride anche sopra. A volte bisogna mettersi nei panni del “cattivo” e provare a capire come la pensa e distruggere quel modo di fare ridendoci sopra.

 
NG. Trovo che il tuo modo di pensare sia davvero anticonformista e sarebbe bello se si ragionasse più spesso così.
Voglio chiudere con una domanda di curiosità personale che faccio a tutti. Non so che ruolo abbia la musica nella tua vita, ma esistono tre album o tre artisti che non potrebbero mai mancare nella tua collezione?

AD. Io amo moltissimo la musica jazz e i pezzi strumentali, comunque, solo per citarne alcuni, penso che non potrei fare a meno di Frank Sinatra, Dean Martin e Sammy Davis JR.


Intervista a cura di Luigi Rizzo.
 

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