Nightguide intervista Gianni Denitto

Nightguide intervista Gianni Denitto


Oyez!, il remix pack di Kala, terzo disco del sassofonista torinese Gianni Denitto, è uscito il 20 Settembre dopo tre anni di tour intensissimo che l'ha portato in giro per tutto il mondo. Il percorso, musicale e geografica, unisce la darbuka marocchina al balafon senegalese, il jazz afroamericano e i raga indiani. Kala, che in sancrito significa tempo, raccoglie sei brani dove il sax è protagonista e Oyez! li presenta reinterpretati da altro produttori, anch'essi provenienti da mezzo mondo. Ci sono Ibaaku del Senegal, Ozferti, Nina Simmons (Davide Vizio e Jacopo Albini)Stèv, i Deleted Soul, Polezsky e Mulai.


 



l remix di Kala, il tuo terzo album, è uscito da poco e tu stesso hai detto di aver scelto di remixarlo per sentire “la stessa storia raccontata in un altro modo”: sei soddisfatto del risultato, le storie sono rimaste fedeli o la trama è cambiata, in qualche modo?
Sono molto contento dei remix,  la qualità è altissima e voglio ringraziare tutti i producer che hanno partecipato e si sono messi in gioco. Sì, le storie sono un po' cambiate, come cambia qualsiasi storia quando i “narratori” hanno la più assoluta libertà di reinterpretare e filtrare il flusso, l'intreccio, le atmosfere ognuno con un personale filtro. Insomma, una contaminazione nella contaminazione. I brani conservano però la trama originaria, costituita dai suoni del sax, dalle voci e da alcuni registrazioni di ambienti fatti sul campo.
 

Come hai scelto i produttori a cui affidare la tua musica? Vengono praticamente da tutto il mondo, Italia compresa, e spaziano davvero da un genere all'altro.
La scelta dei produttori è arrivata da una perfetta sintonia tra me e Vittorio Cigala di Oyez!, la casa editrice e label discografica con cui ho prodotto il remix pack. Insieme abbiamo cercato artisti che potessero essere insieme affini al mio mondo e gusto sonoro e che, allo stesso tempo, potessero “rivoluzionarlo”. Per questo abbiamo scelto Polezsky e Mulai, tra i migliori producers della scena italiana. Hanno dato un suono attuale, fresco rispettivamente a Air China e Café d'Arab. Gli altri remixer sono arrivati da mie conoscenze dirette e dalla collaborazione, per Ozferti e Ibaaku, con l'agenzia Beats'n'Roots di Bruxelles.Ibaaku è del Senegal, ci siamo conosciuti a Dakar nel 2015. Ora è esponente di spicco di quello che chiamano Afro Futurism, un mix di afro e elettronica. Ozferti è un artista belga dal suono unico, lineare e chiaro, curato nei dettagli. Produttore e bravo chitarrista.  Nina Simmons sono Davide Vizio e Jacopo Albini, rispettivamente un produttore e un sassofonista. Entrambi di Torino, fanno parte della nuova scena underground della città che seguo con entusiasmo. Il loro remix di Stockholm Rasta è una bomba. Stèv è un giovane legato alla scena elettronica italiana e giapponese, originario di Ancona. Punta di diamante dell'etichetta indipendente Variables, il suo remix di Tillsammans, che vuol dire “insieme” in svedese, ha dato una carica nuova e inaspettata al brano originale, la “ballad” di Kāla. Deleted Soul è un gruppo di Firenze, una band adulta e con già degli album alle spalle. Il leader è Alberto Tucci, titolare della storica label Elastica per cui ho fatto uscire il disco Kāla nel 2018. Il loro sound è un mix di dub e chill out molto interessante. 
 

Kala raccoglie in un solo disco la musica di mezzo mondo (se non direttamente tutto): c'è un tipo di musica che senti più tuo rispetto agli altri, un posto che hai visitato in cui ha pensato “ok, questo posto vibra benissimo, potrei anche restarci per un po'”?
Il posto dove ho seriamente pensato di trasferirmi è l'India. E' il Paese dove ho suonato di più oltre all'Italia, dal 2014 ci sono andato 8 volte. L'India ha una cultura musicale millenaria, una identità artistica molto forte ma allo stesso tempo sempre aperta agli scambi. E c'è di più: in India la musica ha un ruolo e un posto nella società considerevolmente altro. Un esempio fra tutti: la “casta” dei musicisti è considerata allo stesso livello della “casta” dei dottori, perché per loro noi siamo i dottori dello spirito. In più c'è un altro fattore non trascurabile: nel Paese ci sono ancora pochi sassofonisti bravi capaci di improvvisare, e il lavoro non manca. Ma ho deciso di non cedere alla tentazione e tornare in Italia, e affrontare la strada più difficile: confrontarmi con l'altissimo livello dell'Europa nella musica che mi interessa veramente, l'incontro tra jazz e elettronica. Ho parlato diffusamente di questa scelta nello speech che ho avuto l'occasione di fare per Tedx Torino, che potete trovare su YouTube.
 

Ultimamente pare sia più di moda costruire muri che tirare su ponti fra le persone: credi che la musica potrebbe aiutare in questo senso? Conoscere altre culture attraverso la loro musica potrebbe essere una cura per quello che sta succedendo?
Sicuramente. La contaminazione culturale favorita da Internet e dalla maggiore facilità di spostamento ha avuto un ruolo forte nella produzione musicale e, spero, anche nella comprensione interculturale. Viaggiando molto ho visto come i diversi generi si stiano contaminando sempre più facilmente e rapidamente con le sonorità tradizionali dei diversi popoli. E teniamo a mente che contaminare non significa per forza perdita di identità, soprattutto nella musica, dove il meticciato dà spesso risultati sorprendenti. Mi piace pensare che nelle forme creative autentiche l'identità non ne risenta, anzi. Nelle produzioni artistiche più autentiche non parlerei quindi di globalizzazione, nella sua accezione più negativa,  ma di contaminazione, ovvero produzioni in cui le varie identità, anche geografiche, si avvicinano, si toccano, a volte si fondono, ma non perdono mai l'anima, nemmeno quella .  E certo, sarebbe fantastico che attraverso la strada tracciata dalla musica, si potesse smettere di avere paura del diverso, e invece accoglierlo come ricchezza.
 

So che sei stato in tour per una vita, e magari hai anche voglia di fermarti un secondo, ma credi di portare in giro anche le versioni remixate delle tua canzoni o continuerai a suonarle come le hai scritte?
L'anima del jazzista mi porta a suonare continuamente, cercando più collaborazioni possibili e no, non ho voglia di fermarmi: amo suonare di fronte al pubblico. E' stato però importante ricavare dello spazio vitale e scegliere un posto che sia “casa”, per poter produrre il disco e iniziare a scrivere il prossimo. In questa scelta è stato fondamentale l'amore, che è a Torino, e il futuro che sto costruendo con la mia compagna. Dal vivo porto una terza via di ascolto a Kāla,  suonando versioni create appositamente per il live. I brani sono super riconoscibili ma decido gli arrangiamenti sul momento aggiungendo e togliendo suoni e loopando e modificando il sax  in tempo reale. I remix sono invece suonati nei dj set degli artisti coinvolti. Anche io sto pensando di preparare un dj set, l'ho già fatto in passato, è stato molto divertente.


Domanda che scaturisce dalla mia effettiva poca conoscenza in materia: la scena musicale italiana come è, per quanto riguarda la world music, il jazz e i generi che segui e che ti ispirano?
La scena musicale italiana jazz e world music è vivissima, l'underground è ricco di bravi artisti da tutto il mondo residenti in Italia. I festival e i club sono molti, purtroppo però pochi riescono a vivere di musica e scelgono l'insegnamento per aumentare i guadagni. Sono costretti ad abbandonare la sfida. L'Italia non ha un sistema di welfare degli artisti, parte integrante della cultura di un Paese, come la Francia per esempio. Suonare bene non basta, bisogna avere una mentalità imprenditoriale e cercare di creare un team che funzioni, per poter crescere insieme.
 

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