Nigthguide intervista Bent Sæther , frontman dei Motorpsycho ultimo caposaldo del rock indefinibile.

Nigthguide intervista Bent Sæther , frontman dei Motorpsycho ultimo caposaldo del rock indefinibile.

 
Sia visivamente che musicalmente, The Crucible inizia dove finisce l'ultimo album The Tower, ma presto prende il suo tono, ed è chiaro che non può essere definito un "sequel" in quanto tale: questo è davvero un passo in più rispetto a dovunque il gruppo si sia avventurato su The Tower. Sebbene sia più ampio in termini di testo, è persino più focalizzato musicalmente e, se possibile, ancor più idiosincratico e insulare che mai. Indiscutibilmente è un album dei Motorpsycho.
I Motorpsycho sono sempre stati troppo musicalmente ingombrante e poiché il loro fascino diventa sempre più selettivo, essi continuano ancora a cadere con orgoglio tra tutte le fessure, gli sgabelli o le sedie che si potrebbero pensare di mettere sulla loro strada. 'Prog rock'? Chiamalo Motorpsychodelia!
 
The Crucible è stato registrato ai Monnow Valley Studios in Galles nell'agosto 2018 da Hans Magnus Ryan (chitarre, voce), Bent Sæther (basso, voce, vari) e Tomas Järmyr (batteria), con i coproduttori Andrew Scheps e Deathprod. Per queste orecchie, e per la soddisfazione della band, questo stratagemma di coproduzione ha funzionato meravigliosamente, e ha prodotto un disco splendidamente realizzato, di dimensioni più piccole ma almeno uguale all'ambizione per il suo celebre predecessore. È in qualche modo più focalizzato e più denso nei contenuti, ma anche compositivamente più ambizioso di The Tower. Si potrebbe forse pensare che questo si traduca necessariamente in un assalto sonoro ridotto, ma l'album continua a fare un wallop come dovrebbe essere un buon disco rock. E - "per una volta" direbbero alcune lingue indolenti - non è ostentato nel suo benvenuto.

 
NG. Mi farebbe davvero piacere parlare di questo disco perché, a parte essere giornalista, sono un fan e questo album è magnifico. Come nasce un disco così? Ha la struttura di un EP ma la forza di un album, e vorrei sapere come sono nate queste tre tracce!
 
Bent Sæther. Ne abbiamo col nostro produttore, un amico da un sacco di tempo, e il tecnico del suono americano: li abbiamo messi davanti a tutto ciò che potevamo fare con le canzoni e loro hanno scelto le loro versioni preferite e hanno registrato sei tracce. Tre erano brevi e concise, e le altre tre più complesse, finché a un certo punto abbiamo deciso “ok, invece di fare un disco più lungo restiamo semplicemente hardcore e concentrati”. Così abbiamo fatto, e in qualche modo somiglia a qualche nostro vecchio album, come “Close to the edge”, anche se non ha una struttura simile. Abbiamo pensato “non abbiamo mai fatto niente di simile prima, quindi magari potremmo provarci”. .

 
NG. Credo sia semplicemente perfetto!
 
BS. Si, è quello che ho pensato anche io! Sono solo 40 minuti, ma contiene così tante informazioni che potrebbe tranquillamente riempire il doppio del tempo. Abbiamo deciso di andare per quella strada. .

 
NG.Anche l'ordine delle tracce ha un senso logico? Perchè l'ho ascoltato tutta la mattina, in macchina, e ho pensato “ma che cazzo?”
 
BS. (ride) in che senso? .

 
NG. Iniziate con a prima traccia, e sembra quasi normale ed è ciò che ti aspetti, poi arrivate lentamente a un altro livello, poi capisci che non avevi capito niente intorno all'ottavo minuto e ti chiedi “ok, e adesso?”
 
BS. Ecco, questo è decisamente possibile.

 
NG. Poi arrivi alla seconda traccia, che sembra quasi epica e medievale, molto prog rock, e alla terza c'è l'orgasmo.
Sembra come quando esci con una ragazza che ti piace da tempo: la prima traccia è il primo appuntamento il primo appuntamento, la seconda il petting e poi la terza la scopata epica con l'orgasmo.
 
BS. Si, esattamente! Immagino sia così (ride). E' stata una coincidenza fortunata, quella dell'ordine delle tracce, ma in effetti la prima traccia inizia come ti aspetteresti che inizi, e a metà strada cambia, entra in un paesaggio più oscuro e prog. La parte ballad arriva dopo, ma sembra comunque legata, e poi non ti resta che ascoltare il disco da capo. E' come se in realtà ci fossero più canzoni di quante ce ne siano in realtà.


NG. Nell'ultima canzone ho sentito come se ci fosse un'introduzione verso il decimo minuto, e nella seconda parte sembra ci siano tre canzoni.
 
BS. Si, è possibile: i versi sono ciò che è nato per primo, poi quell'assolo così rumoroso e abbiamo pensato “c'è bisogno di qualcosa che prima spezzi tutto, poi gli dia una fine, qualcosa di tranquillo. Ok, è fortissimo, ma sembra che ci serva un'introduzione!” (ride) quindi abbiamo preso tutti questi pezzi e li abbiamo uniti, e alla fine eravamo tipo “oh, accidenti, cosa è successo?” E' come se non fosse una canzone, ma un'opera.

 
NG. Si, con un intermezzo, un crescendo eccetera.
 
BS. Esatto! Non avevamo mai usato una struttura del genere prima, è stato interessante.

 
NG. Si, facevate canzoni comunque lunghe ma non strutturate in quel modo.
 
BS. Si, non così intricate, con così tanti livelli. E' successo e l'abbiamo fatto funzionare.

 
NG. Probabilmente tutto il disco potrebbe essere una traccia unica, perché sembra strutturato in quel modo, anche se sarebbe stato di più difficile comprensione.
 
BS. Esatto, e avrebbe reso più difficile arrivare al focus centrale, è complicato (ride).

 
NG. Stamattina ho controllato i vostri social, visto che siamo nell'era dei social, e ho notato che anche se sui social sputare sentenze su tutti sembra la norma voi non avete nessun commento negativo. Potreste essere i migliori influencer del mondo!
 
BS. No, è vero! Siamo felici così, siamo in giro da 30 anni, ma adesso con gli ultimi lavori un sacco di vecchi fan stanno tornando e ne stiamo acquisendo di nuovi, quindi...

 
NG. C'era anche un commento in italiano che volevo tradurti, che diceva “quando ascolto i Motorpsycho mi sembra di poter conquistare il mondo”, e funziona così anche per me!
 
BS. Ma è una cosa davvero bella!

 
NG. Avete mai pensato di fare una colonna sonora, o un tour sinfonico come molte altre band?
 
BS. Abbiamo fatto qualcosa con le orchestre, ma è difficile: ci sono così tante persone, e la logistica diventa così imponente che quasi ti passa la voglia prima di iniziare. I Motorpsycho mi piacciono grezzi, mi piace quando facciamo un tour e poi stiamo sempre in giro: l'idea di andare in giro con tanta gente non mi fa impazzire.

 
NG. Ok, e la colonna sonora?
 
BS. Alcune nostre canzoni sono state usate per dei film, ma non abbiamo mai fatto colonne sonore vere e proprie, ma ci piacerebbe.

 
NG. Se doveste pensare a un regista o un tipo di film cosa preferireste?
 
BS. I film anni '70 dei Herzog: adoro Aguirre, l'hai visto? C'è la musica dei Popul Vuh, inizia in cima al Macchu Picchu, e parla dell'inquisizione spagnola. Sarebbe una cosa magnifica da fare.

 
NG. Hai detto che avete attraversato un sacco di anni e di generazioni di fan, quindi: come descriveresti a un teenager i Motorpsycho?
 
BS. “Se ti piace alsoltala, sennò no” (ride) c'è così tanto, e siamo passati da così tanta musica. C'è qualcosa dell'indie rock moderno, il country western. Non siamo definiti da uno stile ma da un'attitudine: o ci ami o ci odi. C'è chi ci gravita intorno, c'è chi ci trova. Chi ha bisogno di noi arriva da noi.

 
NG. Sembra che vi piaccia davvero ciò che fate: c'è stato un momento in cui hai pensato che la musica ti stesse tradendo? quando hai pensato “sto facendo la cosa giusta?”
 
BS. Ci sono momenti che...non saprei: forse alla fine degli anni '90, quando abbiamo provato a fare qualcosa di sinfonico, mi sembrava troppo complicato, troppo difficile da suonare. Nei due dischi di quel periodo abbiamo lavorato fin troppo in studio, e se nel disco suonava come doveva era tutto troppo difficile da suonare dal vivo. Però è stata una decisione ponderata, vediamo se facciamo un disco difficile, e l'abbiamo fatto. Ci siamo tirati la zappa sui piedi.

 
NG. Quando qualcuno vede la vostra discografia non ci sono buchi: di solito succede nelle band, e si vede che è li che ci sono stati problemi, ma non con voi.
 
BS. In realtà ci sono stati un po' di problemi quando il nostro primo batterista ha mollato, e il secondo è entrato nel 2004: l'ho portato in studio con me e la batteria, abbiamo lavorato sulle canzoni e siamo andati avanti comunque. Ci chiedevamo se la cosa funzionasse ancora, ed ha funzionato. Ma sai, è normale andare incontro a momenti più difficili, ma credo che cercare di stare fedeli alla Musa è fondamentale. La seguiamo, facciamo ciò che ci sembra giusto, poi prendiamo le distanze e vediamo cosa abbiamo creato lavorando in quel modo: è tutto molto d'istinto, non c'è molto pensiero dietro alle cose.

 
NG. Vorrei la tua opinione su una cosa che ho sentito e con la quale non sono d'accordo: il rock in generale è una strada morta, non c'è niente più da fare. La trap e il rap sarebbero nati proprio per questa presunta morte, ma il fatto è che il rock è stato dichiarato morto un sacco di volte! Ed è vero che le rockstar non sono più dei come potevano essere prima, ma che ne pensi?
 
BS. Credo che il rock sia diventato come il jazz: è così ben definito e etichettato dalle grandi major che è diventato noioso. Il cantante deve essere così, il chitarrista deve essere così, e tutti entrano nelle caselle: abbiamo il batterista matto, il cantante bello, la musica noiosa. E' come se tutto avesse un suo formato ed è terribile: è per questo che facciamo ciò che facciamo, spingendo la musica il più lontano possibile per vedere cosa c'è ancora da vedere. Ma c'è musica in The Crucible che ha più in comune con l'industrial e il folk che col rock, ed è questo che tiene viva la musica. Per il mainstream però sono d'accordo, non c'è molto altro da dire.

 
NG. Adesso ci sono tante band giovani che stanno riportando un po' alla luce il rock come si faceva una volta, ma poi incorrono sempre nei detrattori che dicono che assomigliano troppo a questa o quell'altra band del passato. Sembra come che non sia rimasto spazio per nessuno nel rock e non si può fare rock senza incorrere nelle stigmate di assomigliare a qualcuno.
 
BS. Esatto! Un'altra cosa che succede nell'era di internet è che oggi i ragazzini non hanno la prospettiva storica: con un bottone tutto diventa nuovo, la musica è nuova appena la scopri. Non ci sono più i primi passi. Manca la prospettiva, e senza la prospettiva crescere è impossibile, manca il contesto. Se non hai mai sentito i Led Zeppelin sembrano nuovi e freschi, ed è tutto nuovo, ma non sanno cosa c'è dietro, cosa li ha fatti nascere, da dove vengono.

 
NG. Ho visto proprio l'altra sera un documentario sui Queen e hanno passato secoli di gavetta, e tantissimi hanno detto loro che non sarebbero durati che qualche anno; cosa che mi fa pensare che probabilmente il mondo non avesse capito niente.
 
BS. Si, sono d'accordo (ride)

 
NG. Ora, le ultime due domande: cos'è la Musica per te in tre parole?
 
BS. Wow. Direi...ciò che amo davvero di suonare...fa stare bene, fa stare come devi stare e ti porta in un posto dove c'è solo il presente. Non ho bisogno di pensare ad altro. E' per questo che facciamo set diversi ogni volta, e ci cacciamo sempre in mezzo qualche pezzo che non facciamo da tempo, cosa che ci obbliga a concentrarci. Quando lo fai sei in una specie di stato zen, e quando tutta la band è così ci seguiamo a vicenda e finiamo in un luogo dove non siamo mai finito con tutto il pubblico, e vale tutte le pene del mondo. A volte faccio delle gran cavolate, ma ne vale la pena, e a volte mi viene da piangere da quanto sono felice.

 
NG. Ed ecco la domanda più difficile: pensando al tuo passato, i tre dischi che ti hanno influenzato di più, e che mai potrebbero mancare nella tua collezione?
 
BS. Oh, accidenti. Vediamo. Un disco degli anni 60, Live/Dead dei Grateful dead, album anni 80, Daydream nation dei sonic youth e probabilmente Led Zeppelin III e Phisical Graffiti dei Led Leppelin. C'è anche Zappa, ma vado per Physical Graffiti dei Led Zeppelin.

 
Intervista a cura di Luigi Rizzo.

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